La Corte di Cassazione torna ad esprimersi sugli elementi tipici caratterizzanti la configurazione del mobbing. Infatti, richiamando precedenti pronunce, si ribadisce che «a tal fine devono ricorrere: a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi; b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente; c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità; d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi» (cfr. Corte di Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 2142/17; decisione del 22 novembre 2016; deposito del 27 gennaio 2017).