Vi è un insieme di scritti che Newton custodì in un baule, pieno di carte, testi e note. Aperto dopo la sua morte, si scoprì che esso conteneva montagne di pagine manoscritte su argomenti religiosi e alchimistici, riguardanti soprattutto l’intreccio fra tradizione magico-ermetica e sperimentalismo chimico. Offerto alle principali università del mondo, che ne rifiutarono l’acquisto, tale baule fu abbandonato a se stesso, almeno fino a quando ne entrò in possesso l’università di Gerusalemme. Nell’ottica indagata da questo saggio, il baule di Newton rappresenta non solo metaforicamente, ma concretamente, il gesto delle continue transizioni delle conoscenze e dei loro apparati metodologici, consentendo di cogliere in atto il lavoro intellettuale di un grande scienziato, di entrare nel suo effettivo laboratorio e di avvicinarsi alle logiche della scoperta e della ricerca, fatte di creatività, ribellione, coraggio, improvvisazione, tenacia e determinazione. In questo senso, il baule di Newton rappresenta anche l’ologramma della complessità, delle intersezioni storiche e degli intrecci culturali tra temi e correnti di pensiero, oltre ogni rigida divisione disciplinare dei saperi [Fabrizio Fornari (2014) Il baule di Newton. La sociologia e la sfida della complessità, Perugia, Morlacchi].