Tutt'altro che rosea la situazione giustizia in Italia. Si badi bene, nulla di nuovo. Tuttavia, all'inaugurazione dell'Anno giudiziario il primo presidente di Cassazione Giorgio Santacroce illustra un quadro che nella migliore delle ipotesi è a dir poco preoccupante. Parole, quelle del presidente Santacroce, riportate dalle più note testate televisive, cartacee e telematiche, che difficilmente lasciano scampo a equivoci.
Santacroce affronta diversi temi. "Dopo l’alto consenso dei tempi di Mani pulite è iniziata, sia pure con andamenti assai diversi, una parabola discendente. È doloroso constatare che alla campagna irresponsabile di discredito condotta per anni sulla base di interessi particolari, sia seguita una situazione di crescente disaffezione verso la magistratura”. Il primo presidente parla di “frequenti tensioni interne tra magistrati, soprattutto del pubblico ministero”; nonché di quei “collocamenti fuori ruolo non sempre rispondenti a una reale interesse dell’amministrazione della giustizia”; inoltre fa riferimento a “forme di protagonismo, cadute di stile e improprie esposizione mediatiche”; altresì ad una “crisi di fiducia nei confronti della magistratura, e le toghe non possono non interrogarsi sulle loro corresponsabilità” (cfr. Agi, cronaca, Roma, 23 gennaio 2015).
L'eccessiva durata dei processi “è ingiustificabile e non più tollerabile”. Per migliorare le cose “non sono sufficienti riforme a costo zero, essendo invece necessari investimenti in risorse umane e strumentali”. Inoltre: “Diciamo queste cose da anni ma se il legislatore non interverrà celermente per risolvere questa ingiustificabile e non più tollerabile situazione, dovranno essere necessariamente studiati nuovi criteri e modalità di proposizione e decisione dei ricorsi” (cfr. Adnkronos, cronaca, 23 gennaio 2015).
Infine, la parte che secondo il mio punto di vista è una sorta di cartina al tornasole e che in qualche maniera chiude il cerchio è rappresentata dal: “Numero impressionante di avvocati distribuiti sul territorio nazionale e di quelli iscritti nell'Albo speciale dei patrocinanti in Cassazione (saliti alla fine del 2014 all'incredibile numero di 58.542) è una anomalia del nostro sistema perché non si giustifica con una esigenza di mercato” (cfr. Corriere della Sera. Redazione Roma Online, 23 gennaio 2015).