Il datore di lavoro risponde comunque per l’infortunio occorso al proprio dipendente anche quando non sono accertate in maniera inequivoca la dinamica che ha portato all'evento dannoso. Tale principio si concretizza sulla base del fatto che dall'ipotesi di un comportamento omissivo sarebbero potute scaturire tutte le cause che hanno condotto al decesso del lavoratore.
Scrivono i giudici: «Non va dimenticato che l'individualizzazione della responsabilità penale impone di verificare non soltanto se la condotta abbia concorso a determinare l'evento, ciò che si risolve nell'accertamento della sussistenza del "nesso causale", e se la condotta sia stata caratterizzata dalla violazione di una regola cautelare (generica o specifica), ciò che si risolve nell'accertamento dell'elemento soggettivo della "colpa", ma anche se l'autore della stessa, il titolare della posizione di garanzia in ordine al rispetto della normativa precauzionale che si ipotizzi produttiva di evento lesivo mortale, potesse "prevedere" ex ante quello "specifico" sviluppo causale ed attivarsi per evitarlo. In quest'ottica ricostruttiva, occorre poi ancora chiedersi se una condotta appropriata (il cosiddetto comportamento alternativo lecito) avrebbe o no "evitato" l'evento: ciò in quanto si può formalizzare 'l'addebito solo quando il comportamento diligente avrebbe certamente evitato l'esito antigiuridico o anche solo avrebbe determinato apprezzabili, significative probabilità di scongiurare il danno» (cfr. Corte di Cassazione, Sezione IV Penale, Sentenza n. 22147/2016; udienza e decisione del 11 febbraio 2016).