Un conto è manifestare in favore di un Popolo che rivendica dei diritti, altro è inneggiare a dei criminali. Spunti per una riflessione collettiva.
Preliminarmente, c’è da rilevare che se da un lato sempre più persone sembrano non nutrire particolare fiducia nella giustizia, ergo nella magistratura, dall’altro lato va altrettanto sottolineato che in una democrazia, o comunque ciò che resta di essa, gli unici modi per far prevalere il principio di legalità sono due: il primo, banalmente, non violare le norme stabilite dall’ordinamento; il secondo, deferire all’autorità giudiziaria chi dette norme le vìola.
Tanto premesso, con il Decreto Legislativo 1 marzo 2018, n. 21, il nostro legislatore, a proposito di “delitti contro l’eguaglianza”, ritenne inserire nel codice penale l’art. 604-bis proprio in tema di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”.
Il testo normativo, al di là della pena stabilita, qui non rileva, prevede la reclusione nei confronti di chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»; nonché, la reclusione nei confronti di chi «in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» (sottolineatura da me aggiunta).
Ma non è tutto, infatti, si legge sempre nell’art. 604-bis c.p.: «è vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi»; ed è altresì punito «chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività»; oltre a «coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi».
Pensate che il legislatore si sia fermato a questo? Certamente no! Tant’è, prosegue la norma, si applica la pena della reclusione anche nel caso «la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra».
Ebbene, una breve esegesi della normativa in questione porta a circoscrivere l’ambito del suo interesse alla tutela e rispetto sia della dignità umana, sia del principio di uguaglianza tra gli individui, punendo, appunto, qualsivoglia condotta di incitazione all’odio razziale, nonché istigazione e propaganda riguardo azioni, dirette o indirette, finalizzate a provocare violenza per motivi religiosi, razziali, etnici.
Ed è in questo contesto che si incardina la ratio della norma rispetto alla punizione della propaganda ed istigazione di azioni delittuose, foss’anche nella sola forma di manifestazione del pensiero, ergo, di quel certo tipo di pensiero, cioè quello all’indirizzo della violenza. Non a caso trattasi di reato definito di pericolo in concreto.
Perciò, avviandomi a conclusione, chiedo: talune manifestazioni di questi ultimi giorni tenutesi in diverse località italiane – i quali partecipanti non hanno certamente nascosto la loro simpatia per Hamas, il famigerato movimento militante islamico noto per la sua lotta armata contro Israele –, hanno o no a che fare con la norma penale finora richiamata? E dunque: chi ha osannato i capi ed esecutori materiali dell’azione terroristica di Hamas, perché di questo trattasi, del 7 ottobre corrente mese, si è posto o no al di fuori della legge innanzi esaminata?
Ed infine, se è vero, come lo è, che il reato previsto e punito dall’art. 604-bis c.p. è uno di quelli cosiddetti a procedibilità d’ufficio – vale a dire l’avvio di un procedimento giudiziario dove è lo Stato che persegue il reato prescindendo dall’impulso da parte di terzi –, domando: qualcuno si è interessato a far iscrivere nel registro delle notizie di reato taluni manifestanti? Magari al solo fine di escludere al di là di ogni ragionevole dubbio l’ipotesi delittuosa qui in esame?
In verità ci sono ulteriori fattispecie di reato su cui soffermarmi, oltre a quello oggi trattato, ma rimando ad una successiva pubblicazione.
Sicché, concludo davvero, se il terrorista in quanto tale è un criminale, a mio modesto avviso, altrettanto tale è chi non ne prende le distanze.
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