Alcune mie domande ed osservazioni preliminari. Posto su una scala dei valori: a quanti cittadini interessa realmente il fenomeno carcerario? A quanti interessa se in carcere si muore da suicida? A quanti interessa se gli operatori penitenziari sono vittime di aggressione un giorno sì e l’altro pure? Ed infine, si fa per dire: potrà mai la maggioranza delle persone avere una visione d’insieme di tali fenomeni diversa e soprattutto presa in autonomia (cioè scevra da interferenze propagandistiche) rispetto a quella oramai radicata?
Ebbene, a tal proposito propongo un classico, sempre attuale: Cesare Beccaria, Dei delitti e delle pene. Edizione commentata da Patrizio Gonnella e Susanna Marietti (2022), Torino, Giappichelli.
Estratto dall’introduzione del libro. «Leggere Dei delitti e delle pene è un’esperienza piena di sorprese. Di pagina in pagina si scoprono riflessioni, temi, argomentazioni che aprono veri e propri cantieri per ragionamenti ancora oggi per niente scontati nel dibattito pubblico. Cesare Beccaria costruisce grandiosamente un modello razionale di garanzie, di limiti imposti al potere pubblico a protezione dei diritti fondamentali di ogni persona. All’interno di questo sistema dai contorni geometrici, esplode lo spazio per la libertà, per la vita, per la dignità umana. Sono queste che il diritto deve proteggere. E deve farlo senza mai abusare del suo dovere di protezione, senza espandersi al di là dello spazio minimo necessario a svolgere il proprio ruolo. Il diritto penale deve assicurare, da un lato, efficacia nella tutela della sicurezza dei cittadini e, dall’altro, rispetto delle garanzie individuali. Ogni proibizione e ogni pena che non sia assolutamente necessaria di fronte a questo duplice scopo, afferma Beccaria, è illegittima. Una rivoluzione non solo giuridica ma anche culturale e politica, che mette in discussione la supremazia dello Stato rispetto ai diritti del singolo individuo. Il modello penalistico garantista di Beccaria si muove su diversi livelli. È una teoria filosofico-giuridica fondata su principi inderogabili, ma è anche una visione politica capace ad esempio di ragionare attorno alla prevenzione dei crimini e alla sua dimensione sociale, educativa, culturale. Non è certo alla sola repressione penale che possiamo affidarci per costruire una società migliore. Ogni capitolo del volume apre un dialogo fitto e ramificato con l’autore, in uno scambio di vedute che ci modifica le prospettive e ci interroga sulla realtà che è attorno a noi. Sono proprio questo dialogo e questa interrogazione che abbiamo voluto esplicitare nel nostro commento al testo».