Le masse popolari

George L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, Bologna, il Mulino.

In questo testo, ormai un classico, l’autore ha inteso scoprire le radici lontane del nazismo e misurare quanto esse hanno giocato sulla politica e l’organizzazione di massa dei regimi fascisti. I fenomeni di irreggimentazione così evidenti nella Germania hitleriana portano all’estremo un tipo di politica nei confronti delle masse che viene messo in atto a partire dall’Ottocento, con una “estetizzazione” della politica, una ritualità (i monumenti, le feste, le cerimonie), una organizzazione che coinvolgono le masse popolari nei valori e negli ideali borghesi e nazionali, in altri termini, le “nazionalizzano”.

Una “nuova politica”, quindi, ovvero quella “dei grandi numeri”, intesa come una politica che aveva bisogno di coinvolgere il maggior numero di persone ed in prospettiva le “masse”, alle quali andavano spiegate le nuove idee. Ma questa politica era “nuova” anche per un altro motivo, vale a dire che il suo “spiegare” la nazione non faceva appello alla ragione degli illuministi, alla solida cultura, alla indagine lucida e distaccata, del resto come avrebbe potuto essere altrimenti se si volevano coinvolgere nel discorso politico anche persone analfabete o semianalfabete? E come avrebbe potuto essere altrimenti se si voleva diffondere un discorso politico altamente innovativo e radicalmente eversivo degli assetti politici dominanti? Fu così che leader ed intellettuali fecero appello all’emozione, piuttosto che alla ragione; oppure al cuore, piuttosto che al cervello.

Ebbene, per altri versi, aggiungo, fu così ed è ancora così, ne sono prova inconfutabile i grandi temi attuali, volutamente artefatti attraverso strumenti e metodi che vanno a far leva sulla psiche delle persone, perlopiù di quelle scarsamente lungimiranti oppure discutibilmente attente.

La ricerca in sociologia

John Madge, Lo sviluppo dei metodi di ricerca empirica in sociologia, Bologna, il Mulino.

«Quando una scienza ha raggiunto la maturità possiede metodi elaborati e sistematici per la raccolta dei dati, strumenti analitici efficaci e un appropriato corredo concettuale. In una certa misura tutti questi strumenti sono ora disponibili, mentre dietro di essi si sta delineando una teoria sistematica, indispensabile a guidare la comprensione e l’azione. Il disegno completo di questa teoria ci sfugge ancora; tuttavia è certo che oggi il corredo concettuale capace di inquadrare ogni nuovo problema viene continuamente perfezionato da ogni nuova esperienza.

Come ogni scienza nuova, la sociologia ha dedicato e continua a dedicare gran parte delle sue energie allo studio descrittivo. Parte del materiale raccolto possiede una immediata utilità pratica e ci aiuta a comprendere meglio la realtà sociale in tutte le sue complesse ramificazioni. Questa è la funzione di una “storia naturale” della sociologia; prescindendo dal suo valore intrinseco, essa rappresenta una fase necessaria alla creazione di un nuovo linguaggio e alla elaborazione di tecniche d’indagine sempre più perfette.

Per quanto esatti e completi possano essere i dati raccolti nelle singole ricerche il loro valore rimane frammentario fino a quando non possono essere integrati con altri risultati descrittivi. E non si tratta soltanto di raccogliere informazioni comparabili riguardanti i dati raccolti; ciò che occorre a tutti i livelli è la formulazione e la verifica di ipotesi significative. Il valore della sociologia risiede soprattutto nell’accumulazione di idee che possono essere provate ed applicate, e non soltanto nella semplice raccolta di dati di fatto».