Il diritto allo studio è tale in quanto garantito dalla Costituzione, sicché, almeno in gran parte dei casi, assume posizione di rango superiore rispetto ad altre esigenze. Il caso oggi in esame riguarda un’ordinanza del Magistrato di sorveglianza – adito da un detenuto ristretto in regime speciale ex art. 41-bis ordinamento penitenziario – che ha ordinato alla Casa circondariale l’esatta ottemperanza rispetto ai contenuti di un precedente provvedimento, disponendo che a completa garanzia del diritto allo studio del detenuto fosse lui consentito «di tenere presso di sé tutti i libri di cui avesse bisogno» per le incombenze di studio «senza limitazioni numeriche predefinite». A tale ordinanza si oppose il Ministero della Giustizia, adducendo, per quanto qui ci occupa, che il numero illimitato dei libri richiesti per uso studio dal detenuto «si pone in contrasto col regime custodiale cui lo stesso è sottoposto», anche perché attualmente, rispetto al passato, è prevista «la disponibilità in camera detentiva di un numero di quattro volumi per volta, da potere aumentare secondo le esigenze didattiche e il prudente apprezzamento della Direzione».
Pertanto, avendo la Direzione del carcere consentito di tenere un numero di libri di quasi quattro volte maggiore a quello previsto, il provvedimento del Magistrato stravolgerebbe «il regime carcerario sulla base di una supposta ottemperanza ad un provvedimento già a suo tempo eseguito». Inoltre, prosegue il ricorso, il Magistrato di sorveglianza «a fronte del numero certamente congruo di libri messi nella disponibilità del detenuto, nell’ampliarlo ulteriormente non tiene conto delle esigenze di sicurezza interna ed esterna sottese al regime differenziato».
Ebbene, secondo i giudici di legittimità il ricorso è infondato. Infatti: «il provvedimento oggetto di ottemperanza ha affermato la sussistenza di una manifestazione di diritto soggettivo operante in ogni istituto penitenziario, consentendo, a garanzia del diritto allo studio dell’interessato, la possibilità di tenere presso di sé tutti i libri di cui avesse bisogno per l’incombente di studio che a volta a volta lo occupasse, senza limitazioni numeriche predefinite». E rileva come si imponga l’esatta ottemperanza ai contenuti del precedente provvedimento che «con riguardo al numero di testi che il condannato può tenere presso di sé, non lo fissa ma lo funzionalizza alle esigenze di studio che di volta in volta si appalesino». Poi, il detenuto «potrà conservare i volumi presso la stanza detentiva o anche nell’apposita bilancetta esterna alla sua camera a scelta, con facoltà per l’amministrazione di prevedere dei limiti massimi al numero di libri che l’interessato può tenere contemporaneamente nella camera detentiva, invece che nella bilancetta (e, quindi, non comunque depositati al magazzino, con le conseguenti difficoltà di scambio) per evitare che dall’ingombro derivi un concreto pericolo di non poter effettuare adeguatamente i controlli ordinari all’interno della camera» (Cass. Pen. Sez. I, Sent. 34855/22).
Criminologia Penitenziaria (ISSN 2704-9094 Online). Numero 13E22 del 03/10/2022