I figli minorenni devono essere liberi di scegliere la propria religione, ma resta l’onere in capo ai genitori di educarli anche in tal senso. Il caso oggi in esame ha riguardato un soggetto che aveva coinvolto attivamente la figlia nella sua pratica religiosa – religione che qui ometto di indicare poiché ininfluente ai fini della portata giuridica e sociale della notizia/decisione giurisprudenziale adottata oltralpe. Tuttavia, vale la pena ricordare il principio costituzionale dettato dall’art. 19, vale a dire che «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché' non si tratti di riti contrari al buon costume».
Ebbene, in via preliminare, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha posto l’accento sul fatto che il «reciproco godimento da parte di genitore e figlio della reciproca compagnia costituisce un elemento fondamentale della vita familiare», ciò anche se il rapporto tra i genitori dovesse interrompersi. Principio ricavato da una corretta esegesi (anche) dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Diritto al rispetto della vita privata e familiare): «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».
Sicché, nel caso di specie, il rapporto del genitore con la figlia risulterebbe essere stato limitato dalle decisioni delle autorità nazionali, costituendo così un’ingerenza al rispetto della vita familiare ai sensi della norma comunitaria appena richiamata, e dunque «le modalità pratiche per l’esercizio della potestà genitoriale sui minori definite dai tribunali nazionali non possono, in quanto tali, violare la libertà di un ricorrente di manifestare la propria religione».
Infine, la Corte ha ribadito che l’interesse superiore dei figli consiste «nel conciliare le scelte educative di ciascun genitore e nel cercare di trovare un equilibrio soddisfacente tra le concezioni individuali dei genitori, precludendo qualsiasi giudizio di valore e, ove necessario, ponendo stabilire norme minime sulle pratiche religiose personali» (cfr. Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Prima Sezione), Strasburgo, 19 maggio 2022 - Caso omissis c. Italia).
Sociologia Contemporanea (ISSN 2421-5872 Online). Numero 08A22 del 04/06/2022