Trattamenti sanitari in carcere

Secondo prevalente orientamento giurisprudenziale, «i trattamenti sanitari nei confronti del detenuto sono incoercibili ma, se potenzialmente risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta». Questa la motivazione rispetto al (vano) ricorso proposto in sede di legittimità da un detenuto al quale il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato l’istanza di differimento della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare, alla luce della sua condizione di salute.

Infatti, il Tribunale, dando atto che il soggetto aveva sia ripetutamente rifiutato la terapia antiretrovirale prescritta dai sanitari – benché avvisato dei relativi rischi –, sia ritardato le analisi cliniche indispensabili per monitorare il proprio stato di salute, non era stato posto nella condizione di valutare il differimento dell’esecuzione della pena in quanto il principio per l’applicazione di tale misura «si  fonda su requisiti specifici, tra i quali la mancata risposta alle terapie».

Perciò, considerato che in tema di differimento della pena, facoltativo oppure obbligatorio, ex artt. 146 e 147 Codice penale, la norma permette o impone il benefico «soltanto con riferimento alle gravi condizioni di salute del soggetto», ne consegue che l’assenza di terapie e controlli impediscono di accertare se ricorre la condizione contemplata dalla norma stessa, vale a dire, come nel caso in esame, se la condizione di AIDS conclamata sia in una fase così avanzata tale da non rispondere più ai trattamenti disponibili ed alle terapie curative.

Situazione, quindi – come in premessa indicato e qui, in conclusione, è bene ri-sottolineare –, se da un lato i trattamenti sanitari nei confronti dei detenuti sono “incoercibili”, dall’altro se i medesimi sono «risolutivi di condizioni di salute deteriori, in forza delle quali il detenuto medesimo chiede il differimento della pena, o una misura alternativa alla detenzione, la loro accettazione si pone come condizione giuridica necessaria alla positiva valutazione della relativa richiesta» (sottolineatura aggiunta); non rilevando nemmeno la natura dei reati per i quali il soggetto espia la pena, in quanto principio giuridico non previsto dagli artt. 146 e 147 cod. pen. (Cass. I Sez. Pen. Sent. 17180/22).

Criminologia Penitenziaria (ISSN 2704-9094 Online). Numero 09E22 del 10/05/2022