Sociologia Contemporanea

Di seguito alcuni contributi tratti da “Sociologia Contemporanea” (Rivista Telematica di Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale. Pubblicazione Online ISSN 2421-5872). Anno 2021

Criminologia Penitenziaria

Di seguito alcuni contributi tratti da “Criminologia Penitenziaria” (Rivista Telematica di Diritto penitenziario e Politiche criminali. Pubblicazione Online ISSN 2704-9094). Anno 2021

I lati oscuri della fiducia

Il presente contributo, non a caso intitolato i lati oscuri della fiducia, per quanto tratti un argomento che scaturisce da una questione prettamente di diritto, pone invece in risalto – a mio avviso se colti – aspetti sociali di rilevanza tutt’altro che secondaria, i quali, quindi, al di là del mero interesse giuridico, andrebbero giustappunto attenzionati secondo paradigmi psicosociali. Tali premesse inducono quindi a riflettere sul fatto che nonostante la presenza di innumerevoli meccanismi legati alla evoluzione tecnologica, i quali in qualche maniera riposano, o almeno dovrebbero riposare, su una fiducia sistemica, l’essere umano continua invece ad avere la necessità di ricorrere al classico principio di fiducia, ma, spesso a sua insaputa, senza tenere in seria considerazione proprio i lati oscuri della fiducia.

Sicché, attraverso la comprensione di questo complesso di elementi, sembra ragionevolmente possibile ritenere che i lati oscuri della fiducia trasmutino in quel concetto di fiducia cosiddetta attiva, alla base della quale sussiste il riconoscimento dei valori e della dignità propri di ciascun individuo e presenti ai vari livelli sociali.

Ebbene, tornando al caso giuridico oggi in esame, credo che i lati oscuri della fiducia abbiano fortemente influito non solo, evidentemente, sull’esito della causa, quanto sulle motivazioni recondite che l’hanno determinata. Di fatto, un’impiegata comunale impugnava la sentenza pronunciata in sede di appello la quale aveva dichiarato legittimo il licenziamento della stessa lavoratrice, accusata di avere effettuato accessi al protocollo informatico dell’ufficio in assenza di idonee ragioni, ovvero con l’interesse di conoscere documenti che non rientravano tra quelli di competenza del proprio settore di assegnazione.

Va comunque precisato che il primo grado di giudizio scagionava l’impiegata poiché «gli accessi non avevano recato danni all’amministrazione né aveva comportato la divulgazione di notizie che dovevano rimanere riservate». Tesi respinta nei gradi successivi, in quanto, in tema di licenziamento per giustificato motivo soggettivo, va proprio accertato «se i fatti addebitati al lavoratore rivestano il carattere di negazione degli elementi fondamentali del rapporto ed in specie di quello fiduciario», e dunque se «le ragioni per le quali la condotta della lavoratrice, tenuta in violazione dei doveri propri del dipendente pubblico, era da ritenere di gravità tale da giustificare il recesso» (Cassazione Civile, Sez. Lavoro, Sent. 3819/2021).

Sociologia Contemporanea (ISSN 2421-5872 Online). Numero 15A21 del 09/12/2021


Comportamento del detenuto

È sanzionabile il comportamento incorreggibile del detenuto, reo, nel caso qui in esame, di avere attuato la cosiddetta battitura. Sicché, è da riformare la decisione del Tribunale di sorveglianza, a conferma della decisione del Magistrato di prime cure, che aveva annullato la sanzione disciplinare inflitta ad un detenuto, consistente nella esclusione dalle attività in comune poiché responsabile di avere battuto per lungo tempo e di notte alcuni oggetti sul cancello della camera di pernottamento.

Ebbene, secondo il Tribunale di sorveglianza, non sussisteva il presupposto per l’esercizio del potere disciplinare in quanto la battitura «inserita nel contesto di una pacifica protesta collettiva contro le restrizioni, in seguito abolite, riguardanti l’accensione dei televisori, non era degenerata in comportamenti violenti, minatori od offensivi, non aveva causato l’interruzione del servizio, o interferito gravemente su di esso, né provocato disordini o sommosse. Essa non aveva neppure prodotto danni a beni dell’Amministrazione». Inoltre, andava anche escluso che la battitura «potesse essere qualificata come un atteggiamento o comportamento molesto nei confronti della comunità e potesse così integrare l’infrazione specificamente contestata».

Propone ricorso per cassazione il Ministero della giustizia, e così può riepilogarsi la decisione dei giudici di legittimità che di fatto lo hanno accolto, da cui può ragionevolmente desumersi che non trova giustificazione il comportamento incorreggibile del detenuto. Orbene, siccome da un lato «il sistema disciplinare vigente negli istituti penitenziari è informato ai principi di tipicità, offensività e gradualità», dall’altro la «ratio della previsione d’infrazione risiede nell’esigenza di garantire, all’interno degli istituti, il rispetto delle regole e delle condizioni di civile convivenza, che rappresentano premessa indispensabile, ancorché di per sé sola non sufficiente, per l’ordinato svolgimento della vita penitenziaria e per la realizzazione degli obiettivi del relativo trattamento». È quindi corretto affermare che ai fini dell’infrazione afferiscono alla molestia «tutte le situazioni di fastidio, disagio, disturbo, e comunque di turbamento della tranquillità e della quiete della comunità penitenziaria, che producono un impatto negativo, anche psichico, sull’esercizio delle normali attività quotidiane, di relazione e di lavoro di quanti facciano parte della comunità stessa». Perciò, «le emissioni sonore prodotte dalle battiture, e il frastuono complessivamente suscitato, in rapporto alla forma collettiva assunta dalla protesta - attività materiali, non riducibili a mere espressioni di pensiero dissenziente - appaiono manifestazioni paradigmatiche di molestia nel senso appena specificato», e dunque sanzionabili (Cassazione, Sez. I Pen. Sent. 44133/21 del 29/11/2021).

Criminologia Penitenziaria (ISSN 2704-9094 Online). Numero 18E21 del 04/12/2021