Configurazione del reato di estorsione

Nell’odierno contributo ho ritenuto trattare l’ipotesi di configurazione del reato di estorsione, previsto dall’articolo 629 del codice penale, secondo cui è punibile con la reclusione “chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”. Pertanto, pur non soffermandomi su alcun caso specifico, credo comunque opportuno offrire al lettore qualche spunto di riflessione di carattere generale. Infatti, per la configurazione del reato di estorsione, la norma richiamata presuppone la perpetrazione di una “violenza”, ma senza specificare oltre, perciò credo ragionevole poter affermate che, dal punto di vista criminologico, tale termine non afferisce necessariamente, o comunque soltanto alla violenza fisica, bensì alla più complessa e subdola violenza di natura psicologica. Caratterizzata, appunto, da tutta una serie di comportamenti in danno della vittima tendenti a lederne la propria dignità, quindi sottometterla ai voleri dell’agente, ingenerando nella medesima uno stato di profondo malessere che spesso conduce anche a gesti autolesivi irreparabili.

No da ultimo, ricordo come l’Organizzazione Mondiale di Sanità definisce il concetto di salute, cioè «uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattie o infermità». Va da se, quindi, che obbligando qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà e autodeterminazione, si rischia di integrare piena violazione della norma richiamata, probabilmente in combinato disposto con altre; per esempio, se il reato è perpetrato da più persone ed in talune circostanze, ci si potrebbe trovare innanzi ad un’associazione per delinquere finalizzata all’estorsione, violenza privata, lesioni volontarie. Anche perché, lo ricordo, l’art. 629 c.p. è chiaro nel delineare sia l’ipotesi di violenza, quanto quella di minaccia (alternativamente), sicché se qualcuno intende imporre la propria volontà minacciando la vittima di un danno ingiusto, èrgo, non piegandosi ai suoi voleri, peggio ancora negandogli dei diritti costituzionalmente garantiti, ecco che il reato risulta configurato de plano. A nulla valgono ragioni di excusatio su alcunché addotte. Se poi tali condotte, di violenza o minaccia, sono ad opera di taluni soggetti che rivestono particolari ruoli nella società, allora il codice penale offre ulteriori soluzioni, la cui trattazione rimando ad altra pubblicazione. Tuttavia, per la configurazione del reato di estorsione, resta il nodo della costrizione e del procurare “a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno”, ma credo non è difficile individuare sia l’una, sia gli altri due aspetti, specie nei palesi casi dove qualcuno si arricchisce, spregevolmente, approfittando di talune situazioni.

In conclusione, osservo che quanto qui brevemente descritto è ciò che ci si aspetta in un Paese democratico, per esempio l’Italia, dove le norme devono tassativamente ispirarsi, senza deroghe, al rispetto dei principi sanciti dalla Costituzione. Cosa diversa riguarda i regimi autoritari, totalitari, sultanistici, autocratici in generale, ma anche nei casi dove si manifesti una deriva democratica, allorquando i vari organi che detengono il potere, compresi quelli amministrativi e di altro genere, dovessero coalizzarsi (per motivi di deferenza ossessiva e delirante, cecità intellettuale o smarrimento momentaneo) nell’orientare le proprie decisioni in altre direzioni.

Sociologia Contemporanea (ISSN 2421-5872 Online). Numero 13A21 del 24/10/2021