APPENDICI

Ufficio Stampa della Corte costituzionale. Comunicato del 24 giugno 2021.

REMS, LA CORTE DISPONE UN’ISTRUTTORIA SULLE DIFFICOLTÀ DI APPLICAZIONE DELLE MISURE DI SICUREZZA

I ministeri della Giustizia e della Salute, la Conferenza delle Regioni e l’Ufficio parlamentare di bilancio dovranno fornire alla Corte costituzionale una serie di informazioni sulle REMS - le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno sostituito dal 2012 gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) – in relazione alle difficoltà registrate nell’applicazione concreta delle misure di sicurezza nei confronti degli autori di reato infermi di mente e socialmente pericolosi.

Lo ha stabilito la Corte costituzionale con l’ordinanza n.131 (redattore Francesco Viganò), depositata oggi. Le informazioni richieste, raggruppate in 14 punti, dovranno essere fornite entro 90 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza alle autorità destinatarie.

L’intervento della Corte è stato sollecitato da un Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli, che aveva disposto il ricovero di un imputato in una residenza per l’esecuzione di una misura di sicurezza. A distanza di quasi un anno dal provvedimento, la misura era rimasta ineseguita a causa della carenza di posti disponibili nelle REMS della Regione Lazio. Il giudice aveva allora sollevato questione di legittimità costituzionale della disciplina sulle REMS, che affida ai sistemi sanitari regionali una competenza esclusiva nella gestione delle misure di sicurezza privative della libertà personale disposte dal giudice penale. Secondo il giudice, questa disciplina, sollevando il ministro della Giustizia da ogni responsabilità in materia, contrasta in particolare con la sua competenza costituzionale in materia di “organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia”, prevista dall’articolo 110 della Costituzione. La Corte costituzionale ha ritenuto necessario acquisire, ai fini della decisione, una serie di informazioni concernenti il funzionamento concreto del sistema delle REMS, introdotto a partire dal 2012 in sostituzione di quello degli OPG. Nei 14 punti elencati nell’ordinanza si chiede, fra l’altro, di chiarire se esistano, allo stato, forme di coordinamento tra il ministero della Giustizia, il ministero della Salute, le ASL e i Dipartimenti di salute mentale volte ad assicurare la pronta ed effettiva esecuzione, su scala regionale o nazionale, dei ricoveri nelle REMS; se sia prevista la possibilità dell’esercizio di poteri sostitutivi del Governo nel caso di riscontrata incapacità di assicurare la tempestiva esecuzione di tali provvedimenti nel territorio di specifiche Regioni e se le difficoltà riscontrate siano dovute a ostacoli applicativi, all’inadeguatezza delle risorse finanziarie o ad altre ragioni.



Valutazione della pericolosità sociale

Il Tribunale di sorveglianza rigettava l’appello di un detenuto extracomunitario proposto avverso il provvedimento del Magistrato di sorveglianza con cui era stata applicata la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato italiano sul presupposto della persistente pericolosità sociale, desunta dalla gravità del reato di tentato omicidio, nonché dal precedente penale in materia di sostanze stupefacenti e dalla non risolta dipendenza da sostanze alcoliche e stupefacenti, ed anche dall’assenza di validi riferimenti familiari e risocializzanti in Italia.

Proposto ricorso per cassazione avverso il predetto provvedimento, peraltro dichiarato infondato e dunque respinto con condanna al pagamento delle spese processuali, si legge nel provvedimento definitivo che «dal complesso delle argomentazioni difensive emerge, da un lato, l’asserita pretermissione di una serie di indici predittivi favorevoli, costituiti dalla attiva partecipazione al percorso rieducativo presso la Casa circondariale (…) con lo svolgimento di attività lavorativa sia all’interno, sia all’esterno del carcere (…) dal totale affrancamento dalla tossicodipendenza, dal conseguimento del diploma di scuola media superiore e dall’atteggiamento di resipiscenza nei confronti della vittima; e, dall’altro lato, la prospettazione di un sostanziale travisamento della disponibilità manifestata dalla zia (…) ritenuta tardiva nonostante l’ostacolo costituito dall’internamento del condannato in un Centro di rimpatrio, che non gli avrebbe consentito di prendere contatto tempestivamente con la donna».

Sicché: «ai fini della valutazione del requisito di attualità della pericolosità sociale, rilevante per l’esecuzione della misura di sicurezza dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, la condizione di irregolare presenza in Italia, dovuta alla mancanza, come nella specie, di un valido titolo di soggiorno, può contribuire a un giudizio sfavorevole di prognosi criminale qualora lo straniero, per effetto dello stato di irregolarità, si trovi, concretamente, in una condizione di impossibilità di procurarsi lecitamente i mezzi di sussistenza, con conseguente rischio di determinarsi alla commissione di nuovi reati. Valutazione che, nella specie, è stata correttamente compiuta dal Magistrato e dal Tribunale di sorveglianza, i cui provvedimenti sono destinati a integrarsi reciprocamente, senza che il relativo apparato giustificativo, diversamente da quanto dedotto dalla difesa, palesi alcun profilo dì illogicità manifesta» (Corte di Cassazione, Sez. I Penale, Sent. 32503/2021).

In sintesi, il Tribunale di sorveglianza ha adeguatamente valorizzato il grave precedente penale, le risalenti problematiche di dipendenza da alcol e droga, l’assenza di piena consapevolezza del percorso deviante, nonché l’assenza di idonei riferimenti familiari e risocializzanti sul territorio.

Criminologia Penitenziaria (ISSN 2704-9094 Online). Numero 13E21 del 10/09/2021