Il Daspo negli impianti sportivi

Il caso oggi in esame riguarda il Daspo negli impianti sportivi, vale a dire la misura del divieto di accesso alle manifestazioni sportive che la Questura ha adottato nei confronti di un soggetto per un periodo di cinque anni. L’interdizione ha incluso tutti gli impianti sportivi situati sul territorio nazionale e degli Stati membri dell’U.E. ove si svolgano, appunto, manifestazioni calcistiche. Ora, siccome è un tema abbastanza riscorrente nel panorama giuridico-sociale del nostro Paese, cosa ha di particolare il caso odierno rispetto alla media? Ebbene, la decisione di pubblicare proprio il caso oggi scelto sta nel fatto che il provvedimento del Daspo negli impianti sportivi è stato adottato no, come spesso accade, per comportamenti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, o comunque devianti più in generale, assunti durante una manifestazione di gara, bensì durante un allenamento di una squadra di calcio. Nella specie si è trattato di minacce rivolte all’arbitro.

Sicché, impugnata la sentenza di primo grado pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale, l’interessato, riproponendo i medesimi motivi avverso il provvedimento del Daspo negli impianti sportivi, ha visto demolire una dopo l’altra tutte le argomentazioni avanzate a sua discolpa. Infatti, nello specifico, la ratio delle disposizioni normative in materia «indica con chiarezza che le condotte sanzionabili sono non soltanto quelle realizzate in occasione di una manifestazione sportiva, ma anche quelle poste in essere a causa della manifestazione sportiva stessa». E che pertanto, in tale contesto di riferimento «non è dubitabile che gli episodi in contestazione verificatisi durante l’allenamento di una squadra di calcio partecipante alle competizioni previste dalle federazioni sportive (…) sono strettamente collegati con le manifestazioni sportive, secondo un rapporto di diretta causalità».

Tutto questo, secondo i giudici amministrativi, si traduce nel fatto che il provvedimento impugnato in primo grado è stato correttamente adottato in quanto in presenza dei necessari presupposti, ovvero che tutti gli «elementi istruttori raccolti dall’amministrazione sono pienamente idonei a dimostrare la gravità della condotta contestata all’appellante certamente adeguata a innescare possibili episodi pericolosi, alla stregua del giudizio prognostico questorile, in contesti alquanto delicati come quelli che traggono origine a causa di un avvenimento sportivo e che ben possono facilmente degenerare creando pericoli per l’ordine e sicurezza pubblica» (Consiglio di Stato, Sezione Terza, Sentenza n. 4123/21). In definitiva, il mero allenamento non può considerarsi estraneo al concetto di manifestazione sportiva, e che, dunque, i comportamenti minacciosi verificatisi in tali circostanze sono parimenti sanzionabili con il Daspo.

Sociologia Contemporanea (ISSN 2421-5872 Online). Numero 10A21 del 16/06/2021