Sanzioni al detenuto

Il caso oggi trattato, in ripresa delle pubblicazioni per l’anno 2021, riguarda un detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art. 41-bis dell’Ordinamento penitenziario, avverso il provvedimento con cui il Magistrato di sorveglianza ha rigettato la richiesta di annullamento della sanzione disciplinare corrispondente a quindici giorni di esclusione dalle attività in comune irrogata dalla Direzione del carcere nel quale è ristretto. Per la precisione, la rilevanza del comportamento disciplinare sanzionato è consistita nell’aver scritto, in una lettera inviata al carcere dove prima era ristretto, che «all’atto della deportazione nel lager di omissis» non gli sarebbe stata consegnata una certa somma di denaro.

Proposto reclamo, il Tribunale di sorveglianza ha ribadito e spiegato, tra l’altro, che il comportamento tenuto dal detenuto trova qualificazione nella previsione di cui all’art. 77, n. 15, Decreto del Presidente Della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), che indica come condotta disciplinarmente rilevante il tipo di “atteggiamento offensivo nei confronti degli operatori penitenziari o di altre persone che accedono nell’istituto per ragioni del loro ufficio o per visita”.

Del medesimo avviso i giudici di legittimità ai quali si è rivolto l’interessato, affermando che «non può essere revocato in dubbio, senza che possa invocarsi il diritto alla manifestazione del pensiero, che la definizione del carcere di (omissis) come lager, ove si sarebbe ristretti per “deportazione”, implica giocoforza una offesa alla professionalità di quanti in quella struttura operano, perché il loro lavoro e il loro impegno viene automaticamente oltraggiato con la riconduzione al ruolo di aguzzini e torturatori» (Corte di Cassazione, Sezione Prima penale, Sentenza n. 35516 del 11/12/2020, udienza del 14/10/2020 - Presidente: IASILLO; Relatore: SANTALUCIA).

Per precisazione, l’art. 41-bis dell’Ord. Penit. (Legge 26 luglio 1975, n. 354) stabilisce, tra l’altro, che “quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del  Ministro dell’interno, il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati (…) per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva, l’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza”.

Criminologia Penitenziaria (ISSN 2704-9094 Online). Numero 01E21 del 07/01/2021