Nel caso in esame, l’interessato chiede di rivalutare i profili di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti nel dover scontare una pena (percosse con violenza e lesioni personali volontarie) nel proprio Paese di origine, lo stesso dove si verificarono i fatti e per i quali è stato condannato. Ebbene, raggiunto da mandato d’arresto europeo, il condannato ha chiesto di poter eseguire la pena in Italia essendo «notoria la criticità della situazione carceraria romena». Dello stesso avviso non è stata la Corte di appello, la quale ha «dato atto che dalle informazioni trasmesse risulta che al ricorrente saranno assicurate modalità e condizioni di detenzione conformi agli standard fissati in sede europea, in quanto sconterà la pena nella casa circondariale di Bucarest», escludendo così «il rischio di sottoposizione del consegnando ad un regime detentivo inumano o degradante, anche in relazione allo spazio individuale assicurato, in quanto rapportato al regime applicabile e bilanciato dalla possibilità di trascorrere molto tempo in spazi aperti» (cfr. Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, Sentenza n. 26876/17; udienza e decisione del 25 maggio 2017).