Un tema, quello del contrasto alle discriminazioni determinate dall'orientamento sessuale, identità sessuale o di genere, per così dire caldo e con non poche perplessità sulle modalità e luoghi, intesi come istituti scolastici, dove eventualmente occuparsi del fenomeno. Infatti, da una parte si ha a che fare con un indirizzo di pensiero secondo il quale è bene avviare all'interno delle scuole attività educativa contro il cosiddetto bullismo omofobico, dall'altra si ha il diritto delle famiglie degli alunni a far partecipare o meno i medesimi alle suddette lezioni. La prima istituzione italiana dove si è avuto a che fare con tale contrasto è stata la Provincia Autonoma di Trento, la quale, dopo una prima e unilaterale decisione in tal senso, ha fatto un passo indietro stabilendo che: «Le iniziative di cui all'oggetto, che le istituzioni scolastiche attivano o a cui aderiscono, dovranno essere precedute da un’informazione alle famiglie che potrà avvenire attraverso note, circolari, nonché attraverso appositi momenti di incontro con i genitori. In ogni caso tale informazione deve fornire un’esaustiva conoscenza da parte delle famiglie stesse di tutti gli aspetti trattati al fine di poter assicurare ai genitori o a chi sui minorenni esercita la potestà parentale, la possibilità di comunicare all'istituzione scolastica o formativa – tramite giustificazione non necessariamente motivata – la non partecipazione dello studente alle iniziative» (cfr. Provincia Autonoma di Trento, Verbale di deliberazione della giunta provinciale, n. 438 del 24 marzo 2017).