La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la condanna inflitta ad una persona la quale aveva indicato un uomo come omosessuale. Nel senso che, nell'attuale contesto sociale, riassumendo il principio sancito dai giudici, tale termine non assume più quel carattere negativo che lo ha invece contraddistinto fino al recente passato. Infatti, si legge in sentenza: «Secondo l’elaborazione tradizionale di questa Corte e della dottrina, oggetto di tutela nel delitto di diffamazione è l’onore in senso oggettivo o esterno e cioè la reputazione del soggetto passivo del reato, da intendersi come il senso della dignità personale in conformità all'opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico [...]. In definitiva, secondo quella che viene comunemente identificata come concezione fattuale dell’onore, ciò che viene tutelato attraverso l’incriminazione di cui si tratta è l’opinione sociale del “valore” della persona offesa dal reato.
Come noto, soprattutto in dottrina si è affermata anche una diversa elaborazione del concetto di “onore”, da intendersi come attributo originario dell’individuo, costituendo esso un valore intrinseco della persona umana in forza della dignità che gli è propria e che non può essere negata dalla comunità sociale. Concezione questa ispirata al principio personalistico che pervade la carta costituzionale e che, superando, la dicotomia tra onore in senso soggettivo ed oggettivo propria della concezione fattuale, tende a ricondurre ad unità l’oggettività giuridica dei delitti previsti dagli artt. 594 e 595 c.p. [...] Le due concezioni trovano in ogni caso un punto di contatto nel distinguere la lesione della reputazione da quella dell’identità personale, che, secondo la definizione di autorevole dottrina, corrisponde al diritto dell’individuo alla rappresentazione della propria personalità agli altri senza alterazioni e travisamenti. Interesse che può essere violato anche attraverso rappresentazioni offensive dell'onore, ma che, al di fuori di tale ultimo caso, non ha autonoma rilevanza penale, integrando la sua lesione esclusivamente un illecito civile [...] La tipicità della condotta di diffamazione consiste nell'offesa della reputazione. È dunque necessario, nel caso della comunicazione scritta od orale, che i termini dispiegati od il concetto veicolato attraverso di essi siano oggettivamente idonei a ledere la reputazione del soggetto passivo [...] In tal senso, nel caso di specie, è innanzi tutto da escludere che il termine “omosessuale” utilizzato dall'imputato abbia conservato nel presente contesto storico un significato intrinsecamente offensivo come, forse, poteva ritenersi in un passato nemmeno tanto remoto. A differenza di altri appellativi che veicolano il medesimo concetto con chiaro intento denigratorio secondo i canoni del linguaggio corrente [...], il termine in questione assume infatti un carattere di per sé neutro, limitandosi ad attribuire una qualità personale al soggetto evocato ed è in tal senso entrato nell'uso comune [...] È da escludere altresì che la mera attribuzione della suddetta qualità - attinente alle preferenze sessuali dell’individuo - abbia di per sé un carattere lesivo della reputazione del soggetto passivo e ciò tenendo conto dell’evoluzione della percezione della circostanza da parte della collettività, quale che sia la concezione dell’interesse tutelato che si ritenga di accogliere [...] Conseguentemente la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste» (cfr. Corte di Cassazione, Sezione V Penale, Sentenza n. 50659/2016, decisa il 18.10.2016).