Con ordinanza depositata lo scorso settembre 2012, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, con riferimento agli articoli 3 e 117 comma 1 della Costituzione (quest’ultimo riguardo all’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali - CEDU), ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli articoli 7 e 8 del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341, convertito, con modificazioni dalla legge 19 gennaio 2001, n. 4, nella parte in cui tali disposizioni operano retroattivamente e, più specificamente, in relazione alla posizione di coloro che, pur avendo formulato richiesta di giudizio abbreviato nella vigenza della sola legge 16 dicembre 1999, n. 479, sono stati giudicati successivamente, quando cioè, a far data 24 novembre 2000 era entrato in vigore il citato decreto-legge, con conseguente applicabilità del più sfavorevole trattamento sanzionatorio previsto da tale decreto. La Corte di Cassazione è stata investita con un ricorso contro un provvedimento del Tribunale di Spoleto che, in sede esecutiva, ha rigettato la richiesta di un condannato diretta a vedersi sostituire la pena dell’ergastolo, applicata nel corso di un giudizio abbreviato, con la pena di trenta anni di reclusione, sostituzione che, secondo il ricorso, si sarebbe dovuta disporre perché il condannato si trovava in una situazione analoga a quella che nel caso Scoppola contro Italia aveva formato oggetto della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (EDU), Grande Camera, 17 settembre 2009 (cfr. Corte costituzionale, Sentenza 3-18 luglio 2013).