Prendo spunto da un recente fatto di cronaca avvenuto a Terni nei giorni scorsi riguardo all’arresto per atti persecutori (Stalking) di un cittadino ternano da parte della Squadra Volante della locale Questura, reo, secondo l’accusa, di aver perseguitato per alcuni mesi l’ex convivente. L’avrebbe perseguitata in tutti i modi proprio da quando la loro relazione è giunta al termine, dalle telefonate incessanti alle minacce lasciate in segreteria telefonica, nonché aggressioni verbali, pedinamenti, appostamenti e altrettante minacce a colleghi e datori di lavoro della donna con tanto di tentativo di estorsione ai loro danni. Tutto questo fino all’intervento ci si auspica definitivo della Polizia di Stato (cfr. Comunicato Stampa Questura di Terni). E qui casca l’asino (come spesso si dice), già perché ad arresto avvenuto gli agenti sono andati a casa dell’incriminato per ritirargli le numerose armi di cui era legalmente possessore come cacciatore, trovando, tra l’altro, anche un fucile non denunciato né registrato nella banca dati delle forze dell’ordine. Il risultato è che il soggetto - su disposizione del Magistrato di turno - è stato tradotto in carcere e dovrà rispondere di tutta una serie di reati che ragionevolmente nemmeno lui stesso avrebbe mai immaginato. Ecco, quello che in genere non comprendono molti titolari di licenza di caccia, ergo legittimamente possessori di armi, è che taluni “comportamenti” - mi riferisco soprattutto allo Stalking, ma è sufficiente la mera minaccia - pregiudicano sensibilmente sulla permanenza di quei requisiti soggettivi che il cacciatore deve necessariamente possedere e mantenere intatti nel tempo affinché possa detenere - o continuare a farlo - armi e munizioni. Non c’è nulla da fare, tanti non lo comprendono fino a che non ci rimangono invischiati.